Rime
Alfieri allo specchio
In uno dei suoi sonetti più famosi (che verrà preso a modello per un altro notissimo (dal provenzale sonet, che significa “piccola melodia”). È la forma metrica che più caratterizza la poesia italiana fino all’Ottocento e a partire dalla produzione poetica della cosiddetta “scuola siciliana”. Il sonetto, nella sua versione originale, è composto da due membri strofici legati fra loro con vari espedienti retorico-metrici: due quartine a rime alternate (ABAB, ABAB, poi, a partire dagli stilnovisti, anche a rima incrociata ABBA, ABBA) e due terzine con schema variabile (CDE, CDE oppure CDC, CDC). Il verso principale impiegato è l’endecasillabo (nonché l’esclusivo, fino ai sonetti di Cino da Pistoia). sonetto -autoritratto, Solcata ho Continua il latino frons, che significa “fronte”. È la prima parte della stanza (o della strofa) di una canzone. fronte , occhi incavati intenti di Foscolo), scritto all’età di 37 anni, Alfieri disegna il suo autoritratto.
Sublime specchio di veraci detti1,
mostrami in corpo e in anima qual sono:
capelli, or radi in fronte2, e rossi pretti3;
lunga statura, e capo a terra prono4;
sottil5 persona in su due stinchi schietti6;
bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono;
giusto7 naso, bel labro, e denti eletti8;
pallido in volto, più che un re sul trono9:
or duro, acerbo10, ora pieghevol11, mite;
irato sempre, e non maligno mai;
la mente e il cor meco12 in perpetua lite:
per lo più mesto13, e talor14 lieto assai,
or stimandomi Achille, ed or Tersite15:
uom, se’16 tu grande, o vil? Muori, e il17 saprai.
9 giugno [1786]. In letto.
Metro: sonetto con schema ritmico ABAB ABAB CDC DCD.
L’AUTORITRATTO POETICO In questo sonetto, Alfieri riesce a condensare in modo mirabile alcuni dei temi cardine della sua riflessione autobiografica, e lo fa opponendo e mescolando sapientemente le notazioni che riguardano l’esteriorità, il corpo, e quelle che riguardano il carattere. Le due quartine sono occupate da una descrizione fisica, mentre le due terzine sono dedicate a una sorta di ritratto morale del poeta. Alfieri, è noto, era molto attento alla propria immagine, e infatti si descrive come un bell’uomo. Ma ogni segmento del testo dedicato alle peculiarità fisiche si chiude con l’accenno a una peculiarità che introduce nel ritratto un elemento problematico, contraddittorio: all’altezza quasi statuaria viene contrapposta la postura triste, riflessiva («capo a terra prono»), al rossore dei capelli (di cui Alfieri andava fierissimo) e all’azzurro degli occhi viene contrapposto il pallore, simile a quello del tiranno che teme per la propria sorte. Alfieri oscilla tra il «giovin signore» che è stato e l’uomo grande e libero che vorrebbe essere. Questa tensione viene espressa riempiendo le terzine di antitesi, che rendono bene l’idea della lotta tra ragione (mente) e passione (cor): duro, acerbo; pieghevol, mite; mesto, lieto; Achille … Tersite; e organizzando la sintassi su coppie oppositive (or … ora; sempre … mai; per lo più … talor; or … ed or).
UNA PROSPETTIVA PARADOSSALE Ma la questione di fondo (la reale statura morale e intellettuale di Alfieri) non può essere risolta mentre l’autore è ancora in vita. Alfieri si propone insomma come una figura postuma: solo chi verrà dopo di lui potrà giudicarlo. In questo atteggiamento cogliamo un altro tratto tipico del suo carattere: da un lato, la modestia di chi conosce i propri limiti e ha cercato di superarli (e ha posto tale superamento al centro della propria scrittura autobiografica, nella Vita); dall’altro, un letterato consapevole della propria grandezza, al quale stanno stretti i tempi in cui gli è toccato vivere.
Esercizio:
Laboratorio
COMPRENDERE
1 «Sublime specchio di veraci detti». A che cosa si rivolge esattamente il poeta?
ANALIZZARE
2 «Per lo più mesto, e talor lieto assai». Riconosci la figura retorica utilizzata da Alfieri e spiega quale effetto essa consegue.
3 Qual è il significato dell’ultimo verso del sonetto?
CONTESTUALIZZARE
4 Confronta l’ultima terzina con quanto scritto da Alfieri nei Giornali:
Non perdo mai occasione d’imparare a morire; il più gran timor ch’io abbia della morte è di temerla: non passa giorno in cui non vi pensi; pure non so davvero se la sopporterò da eroe, o da buon cattolico, cioè da vile: bisogna esservi per saperlo. (Giornali, 26 aprile 1777)
Stampa- Sublime … detti: Alfieri si rivolge allo specchio, chiedendogli di restituirgli un’immagine autentica (veraci detti) di se stesso.
- or radi in fronte: non più folti sulla fronte. Quando scrive questo sonetto, Alfieri ha trentasette anni e comincia a stempiarsi.
- pretti: di un rosso deciso, acceso.
- prono: chino. Alfieri chiude la quartina inserendo una prima indicazione di tipo psicologico e morale: il capo chino indica la postura di chi per natura è riflessivo e quindi è spesso assorto nei propri pensieri.
- sottil: snella.
- stinchi schietti: gambe dritte.
- giusto: ben proporzionato.
- eletti: scelti, nel senso di ben fatti, sani.
- pallido … trono: il re è pallido per l’angoscia che deriva dal potere e perché teme continuamente che si trami contro di lui.
- acerbo: aspro.
- pieghevol: accomodante.
- meco: con me (dal latino mecum). Alfieri si dipinge come un uomo tormentato, inquieto, diviso tra le ragioni dell’intelletto (la mente) e quelle del cuore.
- mesto: triste.
- talor: a volte.
- Achille … Tersite: sono, rispettivamente, l’eroe più nobile e coraggioso e quello più vile e spregevole descritti da Omero nell’Iliade.
- se’: sei.
- il: lo.