Gerusalemme liberata
Solimano e l’amaro spettacolo della guerra
È in corso lo scontro finale tra cristiani e musulmani: da entrambe le parti la strage è orribile e violentissima, ma la vittoria dei crociati sembra ormai inevitabile. Solimano, prima di guidare l’ultimo assalto, sale sulla torre di David e contempla, come in un teatro, il tremendo spettacolo della guerra. Decide comunque di scendere sul campo di battaglia ma, nonostante la sua forza e il suo coraggio, si rende subito conto che la sua sconfitta è certa, perché sta affrontando un nemico sovrannaturale. La provvidenza divina, infatti, ha già stabilito che Solimano morirà per mano di Rinaldo, così che Goffredo possa finalmente liberare il Santo Sepolcro: al guerriero musulmano non resta che arrendersi all’insensatezza di un’esistenza vissuta – s’intende: agli occhi di Tasso e dei suoi lettori cristiani – dalla parte sbagliata.
Or mentre in guisa tal1 fera tenzone2
è tra ’l fedel essercito3 e ’l pagano,
salse4 in cima a la torre ad un balcone
e mirò, benché lunge5, il fer Soldano;
mirò, quasi in teatro od in agone6,
l’aspra tragedia de lo stato umano:
i vari assalti e ’l fero orror di morte,
e i gran giochi del caso e de la sorte.
Stette attonito7 alquanto e stupefatto
a quelle prime viste8; e poi s’accese9,
e desiò10 trovarsi anch’egli in atto11
nel periglioso campo12 a l’alte imprese.
Né pose indugio al suo desir, ma ratto
d’elmo s’armò, ch’aveva ogn’altro arnese13:
«Su su,» gridò «non più, non più dimora14:
convien15 ch’oggi si vinca o che si mora».
Solimano si lancia contro i crociati, uccidendo innumerevoli nemici. Alla fine, però, incontra Rinaldo: il giovane cavaliere cristiano, difeso e sostenuto da Dio, non teme rivali, tanto che ha appena ucciso (con un colpo solo!) uno dei più forti guerrieri dell’esercito nemico, Adrasto.
Lo stupor, di spavento e d’orror misto,
il sangue e i cori a i circostanti agghiaccia16,
e Soliman, ch’estranio17 colpo ha visto,
nel cor si turba e impallidisce in faccia,
e chiaramente il suo morir previsto,
non si risolve18 e non sa quel che faccia;
cosa insolita in lui, ma che non regge
de gli affari qua giù l’eterna legge19?
Come vede talor torbidi sogni20
ne’ brevi sonni suoi l’egro o l’insano21:
pargli ch’al corso avidamente agogni
stender le membra, e che s’affanni invano22,
ché ne’ maggiori sforzi a’ suoi bisogni
non corrisponde il piè stanco e la mano23,
scioglier talor la lingua e parlar vòle24,
ma non seguon la voce o le parole;
così25 allora il Soldan vorria rapire
pur se stesso26 a l’assalto e se ne sforza,
ma non conosce27 in sé le solite ire,
né sé conosce a la scemata forza.
[...]
LA GUERRA INEVITABILE La guerra, nella Gerusalemme liberata, è un’azione inevitabile, perché è legata a esigenze religiose: non ci può essere pace con i musulmani, la cui sconfitta è stata prevista e sancita da Dio. Tuttavia, in più di un passo del poema (per esempio nel canto XX, ottave 50-52, poco prima di questo episodio) Tasso sottolinea anche l’insensatezza e la crudeltà della guerra. Il tremendo massacro che avviene sotto le mura di Gerusalemme mostra che la morte accomuna tutti gli uomini, cristiani e musulmani, vincitori e vinti: per ogni uomo la vita è qualcosa di precario e incerto, che può essere spazzato via in un attimo.
A CIASCUNO LA SUA PARTE È questa la verità scoperta da Solimano. L’ex sultano di Nicea, guardando la battaglia dalla torre di David, si rende conto che la guerra è una metafora della condizione umana (stato umano). Si tratta di uno spettacolo che, per quanto crudele e violento, sembra svolgersi su un palcoscenico (lo dicono alcuni vocaboli: teatro, tragedia), perché ognuno ha un ruolo stabilito, e non può uscire dalla parte che è stata scritta per lui. Dio ha assegnato a Solimano il ruolo del nemico: per questo, nonostante il suo eroismo, il sultano sarà sconfitto. Infatti, quando incontra Rinaldo, Solimano si ritrova stanco e bloccato, come chi cerca inutilmente di muoversi e di agire durante un sogno. Questa metafora è ripresa da Virgilio, che nell’Eneide aveva descritto con toni simili la fine di Turno, un altro grande “cattivo” condannato alla sconfitta. La consapevolezza di Solimano, però, è maggiore di quella del personaggio virgiliano: dall’alto della torre, lo sguardo del sultano non è puntato solo sul proprio destino, ma su quello, altrettanto tragico e ingiusto, di tutta l’umanità.Il tema del teatro dell’esistenza avrà un’enorme fortuna nel Seicento, quando moltissimi poeti descriveranno la vita come un’enorme recita.
Esercizio:
Laboratorio
COMPRENDERE
1 Riassumi il contenuto del passo in 10 righe. Che rapporto ha, questo episodio, con il resto del canto (che è il canto conclusivo del poema)?
2 Che cosa intende Tasso con l’aggettivo fero, che compare per tre volte nell’ottava 73?
3 Che cosa significa l’aggettivo estranio, nell’ottava 104?
ANALIZZARE
4 Solimano decide di scendere in campo, ma qualcosa non va: egli non è in sé, non mostra il consueto valore in battaglia. Che cosa succede? In che modo Tasso esprime il suo spaesamento?
5 Le ottave 105-106 contengono una lunga metafora ispirata all’Eneide di Virgilio (XII, 908-914): spiega la metafora di Tasso. A chi si riferiva invece Virgilio? Quali analogie e quali differenze noti, confrontando i due passi?
INTERPRETARE
6 Ipotizza per Solimano (e per il poema) un finale diverso in cui egli, illuminato dalla Provvidenza, si converte, apre le porte della città ai crociati e collabora alla creazione del regno di Gerusalemme.
7 Ipotizza per il poema un finale diverso, in cui a vincere sono gli infedeli: che cosa potrebbe succedere ai crociati e a Gerusalemme?
Stampa- in guisa tal: in questo modo.
- fera tenzone: feroce battaglia.
- fedel essercito: l’esercito cristiano.
- salse: salì; il soggetto è il “feroce sultano” (fer Soldano), vale a dire Solimano.
- e mirò ... lunge: e osservò, anche se da lontano.
- agone: è l’ampio spiazzo in cui si svolgevano i tornei o le competizioni sportive.
- attonito: sorpreso, allibito.
- a ... viste: al primo sguardo.
- s’accese: s’infiammò, per il desiderio di combattere.
- desiò: desiderò.
- in atto: in azione.
- nel periglioso campo: nel pericoloso campo di battaglia.
- Né pose ... arnese: e non ritardò la realizzazione di questo suo desiderio (desir), ma velocemente (ratto) si infilò l’elmo, perché per il resto era già armato di tutto punto.
- dimora: attesa.
- convien: è necessario e giusto.
- il sangue ... agghiaccia: (lo stupore) gela (agghiaccia) il sangue e gli animi dei guerrieri musulmani attorno a Rinaldo, perché hanno appena assistito alla sconfitta di Adrasto.
- estranio: fortissimo, incredibile. Letteralmente, estranio vuol dire “straniero, forestiero”: il colpo con cui Rinaldo ha ucciso Adrasto non ha nulla a che fare con il mondo conosciuto dai musulmani, perché viene direttamente da Dio.
- non si risolve: non sa decidersi.
- che non regge ... legge: ma quale, tra le questioni terrene, non è governata dalla legge divina?
- torbidi sogni: incubi.
- l’egro o l’insano: il malato o il pazzo.
- pargli ... invano: gli sembra (nel sogno) di desiderare ardentemente (avidamente agogni) di correre («al corso ... stender le membra») e di affaticarsi inutilmente per riuscirci.
- ché ne(i) ... mano: poiché, pur sforzandosi al massimo (ne’ maggiori sforzi), il piede stanco e la mano non rispondono (corrisponde) alle sue necessità.
- vòle: vuole.
- così: riprende la metafora dell’ottava precedente (Come).
- rapire pur se stesso: trascinarsi.
- conosce: riconosce. Solimano non trova in sé la solita furia guerriera, al punto che non si riconosce.