Usiamo ora anche noi la tecnica parallelistica delle canzoni di gesta e mettiamo a confronto la morte di Rolando con la scena della morte di Gano (considerato, assieme a Giuda, il traditore per eccellenza), che occupa quasi tutta l’ultima parte della
Il termine in sé allude genericamente a un componimento poetico a schema fisso, ma più spesso designa un particolare tipo di poesia presente nella letteratura italiana sin dalla scuola siciliana. È costituita da un numero variabile di stanze (di endecasillabi spesso misti a settenari), a loro volta costituite da una → fronte e da una → sirma di varia misura che, non di rado, è relata all’ultimo verso della fronte da una → rima che funge da concatenazione fra le due parti, detta chiave. Posta in chiusura, si può trovare (specialmente negli stilnovisti) una strofa di metro particolare che funge da commiato, in cui il poeta si congeda dalla canzone rivolgendosi allo stesso componimento.
canzone
di Rolando. Carlo ritorna dalla Spagna al suo palazzo di Aquisgrana e arresta Gano, il traditore. Si tratta di una scena particolarmente solenne, per la quale l’autore sente di dover rivendicare la veridicità del suo racconto ricordando che proprio così è scritto nelle antiche storie (l’antica Gesta).
Carlo ha raccontato ancora una volta com’è andata la storia: un accorgimento del poeta che probabilmente deriva direttamente dalla versione “orale” della Canzone di Rolando. Non dimentichiamo che questi racconti erano recitati, spesso in più puntate, e che la memoria del pubblico aveva bisogno di essere di tanto in tanto sollecitata, proprio come accade ancora oggi nelle serie televisive, nelle quali periodicamente si fanno dei brevi riassunti della trama delle puntate precedenti. In ogni caso, Gano non ammette di essere colpevole e per di più i suoi parenti chiedono che, secondo l’uso dell’epoca, si svolga un duello giudiziario: sarà Pinabello a combattere per dimostrare l’innocenza di Gano. Il campione di Carlo è invece Teodorico, un cavaliere che «non è assai grande ma neppur troppo piccolo». Teodorico vince il duello e Carlo ha quindi il diritto di processare Gano. Dopo una discussione, i baroni di Francia decidono di giustiziarlo brutalmente e di impiccare tutti i suoi parenti. Il supplizio può apparire eccessivo per la nostra sensibilità; ma per il poeta del Roland si tratta innanzitutto di affermare un principio morale: «Perde sé e gli altri, chi tradisce qualcuno».
CCLXXXVII
Carlo si volge ai suoi conti e ai suoi duchi:
«Come trattare quelli che ho trattenuti?
Sono per Gano al giudizio venuti:
li ho come ostaggi per Pinabello avuti».
Dicono i Franchi: «Non ne viva nessuno!»
Allora il re fa venir Bassobruno:
«Va’ e tutti appendili al disgraziato fusto!
Per questa barba che i peli ora ha canuti,
sei bell’e morto se uno solo ne fugge!»
Quello risponde: «Che posso far di più?»
Con cento fanti per forza li conduce.
Son trenta, e trenta vengono appesi, tutti.
Perde sé e gli altri, chi tradisce qualcuno.
CCLXXXVIII
Quattro destrieri fanno condurre avanti,
poi lui nei piedi legano e nelle mani.
Veloci sono e indomiti i cavalli,
e quattro fanti li spingono avanti.
Verso un ruscello che scorre in mezzo a un campo
a gran rovina ora Gano è arrivato.
Tutti i suoi nervi gli vengono allungati,
tutte le membra del suo corpo gli strappano;
sull’erba verde si spande il sangue chiaro.
Come un fellone convinto4 muore Gano.
Se un uom tradisce, non si deve vantare.
CCLXXXIX
L’imperatore, quando vendetta ha fatta,
subito chiama i vescovi di Francia,
e chiama i vescovi di Baviera e Alemagna5:
«Da me c’è un’alta prigioniera6 in palazzo,
che ha tanti esempi e sermoni ascoltati,
che crede in Dio e vuol esser cristiana.
Ora battezzatela, perché Dio ne abbia l’anima».
Quelli rispondono: «Con madrine facciamolo:
ne abbiamo dame d’assai nobile schiatta!».
Grande è la piana ai bagni d’Aquisgrana:
là battezzarono la regina di Spagna
e le trovarono il nome di Giuliana:
fatta è cristiana con coscienza chiara.
CCXC
L’imperatore, quando ha fatto giustizia,
e s’è placata un po’ la sua grand’ira,
fa Bramimonda cristiana divenire.
Passato è il giorno, e la notte s’è incupita.
Va nella camera a volta7 il re a dormire,
ma san Gabriele viene da Dio per dirgli:
«Carlo, gli eserciti dell’impero riunisci!
A forza andrai nella terra di Bira,
per dare aiuto al re Viviano in Infa,
dove hanno posto l’assedio i Saracini
ed i cristiani levano a te alte grida».
L’imperatore non vorrebbe partire:
«Dio,» disse «quanto penosa è la mia vita».
Comincia a piangere, la barba bianca tira.
La gesta scritta qui da Turoldo8 ha fine.
Metro: nell’originale, lasse di décasyllabes (equivalenti agli endecasillabi italiani).
VITTORIA SUGLI INFEDELI E VENDETTA SUL TRADITORE Alla fine della canzone, compiuta la vendetta, tutto sembra tornare all’ordine. Persino la regina saracena, la moglie di Marsilio fatta prigioniera da Carlomagno, si converte al cristianesimo (con piena convinzione, precisa il poeta!). È una conversione simbolica, che serve a sottolineare la vittoria completa dei Franchi sugli infedeli. Tuttavia, mentre il sipario sta per calare, intravediamo già l’inizio di una nuova avventura, come quando in certi film compare la scritta To be continued (“continua”) per alludere a una possibile continuazione o come se si trattasse di una serie televisiva a episodi: ci sono degli altri popoli cristiani che chiedono l’aiuto di Carlo. E in effetti è probabile che questo finale sia da mettere in relazione con l’origine giullaresca dell’opera: chi cantava sulle piazze o nelle corti le gesta dei paladini di Carlo aveva tutto l’interesse a promettere dei nuovi racconti, possibilmente ancora più appassionanti di quello appena ascoltato. Era così che il giullare si procurava da mangiare...
CARLO, L'EROE UMANO Ma nel finale ritroviamo anche un’importante caratteristica degli eroi medievali. Carlo piange (in francese antico: pluret des oilz, cioè letteralmente “pianse dagli occhi”) quando capisce che il suo compito sulla terra non è ancora terminato. Ci saranno ancora nuove avventure, ma l’eroe non è impassibile e tutto d’un pezzo: è un eroe “triste”, forse persino malinconico e non vorrebbe partire. Ma questa tristezza, questo rendersi conto della miseria della propria vita, serve soprattutto a riportare Carlo, il grande imperatore, più vicino al pubblico che ascolta la Canzone: anche lui è un uomo, anche lui è un cristiano, anche lui, come tutti, deve seguire i comandamenti divini e obbedire a chi, come Dio, è più in alto di lui.
Esercizio:
COMPRENDERE
1. Cosa intende l’autore con le parole l’antica Gesta nella lassa CCLXX? Aiutati cercando sul dizionario l’etimologia della parola gesta.
ANALIZZARE
2. L’episodio della morte di Gano è in parte metanarrativo: che cosa significa? Quale è lo scopo dell’autore? Argomenta con opportuni esempi.
3. Come accade nella poesia trobadorica, anche in questo caso si possono isolare nel testo sentenze e detti che hanno fini morali-didascalici: raccoglili e commentali, scrivendo un testo espositivo.
CONTESTUALIZZARE
4. Nel brano ci sono molti riferimenti storici alla corte carolingia: individuali e scrivi un breve testo che renda conto della storia e delle caratteristiche della corte di Carlo Magno. Puoi aiutarti con Internet.
5. Perché si può parlare, a proposito della Chanson de Roland e dei poemi epico-cavallereschi, di poesia nazionale?
Aquisgrana: città tedesca, oggi al confine con il Belgio e l’Olanda: a partire dal X secolo, e fino all’epoca della Riforma protestante, fu la residenza degli imperatori del Sacro Romano Impero.
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nell’antica Gesta: è il libro dal quale l’autore della Chanson sostiene di attingere le sue informazioni.
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Fellone: uomo sleale, traditore.
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un fellone convinto: un traditore che è stato dimostrato tale.
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Alemagna: Germania settentrionale.
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alta prigioniera: è Bramimonda, moglie del re saraceno Marsilio.
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a volta: con l’alto soffitto a volta.
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Turoldo: forse l’autore della Chanson, forse soltanto il giullare che la cantava, o lo scriba che l’ha trascritta.